I generi biologici sono due: maschile e femminile. Questa è una verità incontestabile, eppure anche stavolta ci troviamo davanti all’impossibilità di categorizzare tutto in maniera netta e insindacabile; esistono, infatti, una moltitudine di categorie più complesse, e per queste si fa riferimento al Manuale Diagnostico DSM5.
Questo per quanto riguarda l’aspetto biologico. Ma abbiamo anche:
- un’identità sessuale
- un ruolo sessuale
- e un orientamento sessuale
tutti aspetti che sono indipendenti fra loro! (per approfondire questi aspetti, rimandiamo al nostro articolo di introduzione sull’identità di genere)
L’orientamento sessuale non è una caratteristica appresa
Spesso ci troviamo a dibattere sull’orientamento sessuale: è innato o si impara da qualche parte? Cosa “fa diventare” una persona omosessuale? Due genitori dello stesso sesso cresceranno figli omosessuali? Eccetera eccetera.
La scienza anche in questo caso parla chiaro, e non lascia spazio a credenze religiose, politiche o a opinioni personali.
Prima di tutto diamo una definizione all’orientamento sessuale, ovvero il tipo di attrazione affettiva che si sviluppa a partire dai nove anni circa, quando il bambino inizia a pensare “mi piacciono…”.
Durante l’infanzia abbiamo la contrapposizione tra i comportamenti innati, cioè il nostro modo di essere, con cui nasciamo, e quello che impariamo, viviamo e proviamo per tentativi ed errori (modeling).
Poi arriva l’adolescenza, un periodo particolarmente complesso e delicato, durante il quale abbiamo la ricerca vera e propria di sé, si sviluppa il pudore e inizia la contrapposizione naturale vissuta verso gli adulti. In adolescenza iniziamo a sperimentare anche un enorme conflitto: la differenza fra il corpo che immaginiamo o vorremmo avere, e quello che in realtà vediamo allo specchio, e che a quell’età è in continua evoluzione.
Dopo la pubertà si acquisisce anche la consapevolezza erotica, cioè attraverso l’erotizzazione del corpo come fonte di piacere, si sperimentano i primi protorgasmi senza connotati erotici. Successivamente, quando si inizia a attribuire anche un significato e si hanno fantasie, inizia l’autoerotismo, un’importantissima fase nella conoscenza di sé.
Infine si arriva alla sessualità agita: scoprirsi e scoprire l’altro, in un meraviglioso connubio tra la conferma di sé e la condivisione con l’altra persona; a questo punto legame e complicità diventano fonte di piacere.
Come si “riconosce” il proprio o altrui orientamento?
Il riconoscimento dell’orientamento può essere considerato un criterio QUANTITATIVO.
Tra gli aspetti da considerare, distinguiamo:
- il comportamento sessuale: con chi hai rapporti?
- l’attrazione erotica: chi desideri?
- le fantasie sessuali: su chi hai delle fantasie?
- la preferenza affettiva: di chi ti innamori?
- il sogno narrativo: con chi vuoi condividere la vita?
- l’autodefinizione: che nome ti dai? in che gruppo ti riconosci?
L’omosessualità è stata tolta ufficialmente dalla catalogazione dei disturbi mentali nel 1987 (DSM-IV), dal 2009, inoltre, è vietata in Italia qualsiasi terapia di conversione.
La disforia di genere, invece, è ancora presente nel DSM: precedentemente era catalogata fra i disturbi mentali, ma nella versione più recente (DSM5) non più, è stata creata una categoria a sé stante.
A questo proposito, è essenziale sottolineare l’importanza del termine disforia: non basta l’incongruenza fra sesso biologico e identità sessuale, per essere considerata un disturbo, questa deve anche causare un grave disagio. Anche in questo caso, quindi, consigliamo di contattare un professionista della salute mentale che possa fornire l’adeguato supporto.