Le due facce dell’autostima

autostima

Si sente spesso parlare di alta o bassa autostima.
Per autostima si intende comunemente fiducia in sé stessi e, stando alla definizione, ognuno si augurerebbe di averne molta. Penso che la faccenda sia più articolata e sfaccettata di quanto non si creda.

La bassa autostima

Una bassa autostima fa sentire poco sicuri, e poco “abili” ed è perciò un pesante fardello. Trovo interessante però riflettere sul fatto che spesso una bassa autostima sia l’altra faccia della medaglia rispetto ad una elevata.

La bassa autostima può far soffrire la persona che ritiene di non essere in grado di fronteggiare una situazione, di fare bene, di più, meglio. In questo caso il vissuto che corrisponde alla bassa autostima fa percepire quindi il peso di una grande responsabilità. Al contrario, pensare di non farcela e di non essere all’ altezza può anche, paradossalmente, aiutare ad allentare la pressione di tale responsabilità. “Vabbè ci provo, ma intanto so già che non ci riesco di sicuro”. Tale ragionamento purtroppo però facilita una sorta di auto-sabotaggio: lo stesso tipo di vissuti possono portare a rinunciare ancora prima di aver intrapreso un’attività. Tale rinuncia a priori garantisce la possibilità di non fallire ma preclude quella di avere successo.

Può instaurarsi così un loop di pensiero:
non credo di farcela – non provo – continuo a non avere successo.
Questo ci porta a continuare a pensare di non farcela, oppure non ci concediamo di poter fallire senza per questo avere un minor valore personale.

L’idea che il fallimento in uno specifico ambito comporti un minor valore della persona in toto può essere fortemente legato alla così detta bassa autostima. Persone che dichiarano di avere una bassa autostima, inoltre, spesso riferiscono vissuti di vergogna, e tendenza, nel confronto con gli altri, a percepirsi sempre perdenti.

Spesso chi ha una bassa autostima attribuisce all’esterno da sé il merito per il proprio successo, ed a sé la colpa dell’ insuccesso. Questo non permette di sfruttare i propri punti di forza e diminuisce ulteriormente la sensazione di fiducia in sé stessi.

In ambito relazionale una bassa autostima può far sentire dipendenti da un partner o da un affetto in un modo che sembra eccessivo; la persona si sente in balia, priva della possibilità di decidere per sé.

Quando l’autostima è molto alta

autostima ipertrofica

Credo che anche chi ha un’ elevata autostima possa sentire una grande responsabilità e ritenere perciò di poter/dover intraprendere grandi imprese.

Avere un’autostima eccessivamente trofica espone maggiormente al rischio di frustrazioni poco accettabili e comprensibili.

Cosa succede se chi ritiene di potercela fare a priori ed in ogni contesto, viene smentito? In questo caso la persona può faticare a comprendere quali aspetti di sé siano coinvolti nel fallimento, oppure tendere ad attribuire all’esterno la responsabilità dell’insuccesso. In entrambi i casi diventa difficile potersi realmente migliorare ed aumentare il proprio adattamento all’ ambiente; inoltre l’attribuzione all’ esterno non permette di accettare i propri limiti e convivere pacificamente con essi. Tali limiti possono minare sotterraneamente l’ immagine di sé.

Inoltre la persona abituata ad avere sistematicamente successo può avere il pressante timore del momento in cui fallirà; questo è legato soprattutto alla convinzione che gli altri lo accettino solo se performante.

Un’alta autostima può mascherare un po’ il bisogno di relazione permettendo alla persona di sentire meno la fatica che comporta avere un rapporto. In un certo senso un’autostima molto elevata può esporre maggiormente a sentirsi soli: la persona può faticare a trovare qualcuno che sembri alla propria altezza.

Cosa hanno in comune alta e bassa autostima?

Penso che sia una bassa che un’ alta autostima abbiano come conseguenza la fatica di dover corrispondere continuamente ad un ideale personale elevato. L’autostima, alta o bassa che sia, influenza vari ambiti della nostra vita.

Le implicazioni dell’ autostima sono svariate e possono essere maggiormente constatabili in tutti gli ambiti della quotidianità o solo in alcuni. Ho citato l’ambito delle relazioni, ma lo stesso vale anche per i contesti lavorativi o il rapporto con i pari; in queste circostanze si può facilmente esperire insicurezza, ansia da prestazione o voglia di mettersi in gioco.

L’ autostima può subire fluttuazioni legate a particolari momenti di vita o specifiche circostanze oppure può essere tendenzialmente stabile nel tempo.

Spesso ho sentito usare le Montagne Russe come metafora per le fluttuazioni dell’ umore, o per indicare alcune fasi dei rapporti amorosi. A mio avviso può esistere un’analoga sensazione di alti-e-bassi anche per quanto riguarda l’autostima. A volte, senza un apparente motivo, si può avere la sensazione di essere adatti per un compito o di essere dei perfetti incapaci; superiori o inetti pur essendo all’ interno di un ambito rispetto a cui abbiamo già avuto diversi feedback.

Le persone che ritengono di avere una bassa autostima di solito (e in modo molto attento e sensibile) comprendono perfettamente i processi di pensiero che li portano alla rinuncia e le rimuginazioni che abbattono il loro umore. Le radici della tendenza ad attribuirsi uno scarso valore, però, spesso sono profonde e talvolta legate ad aspetti o momenti di vita che non è facile mettere in relazione agli stati d’animo attuali.

Più difficile, a mio parere, è scorgere le insidie che si nascondono dietro un’apparente elevata autostima.

In entrambi i casi si può sentire un disallineamento tra percezione di sé e rimandi dall’ esterno; avvertire un peso eccessivo rispetto ai propri successi/insuccessi; soffrire per la sensazione di essere impantanati dentro alle proprie insicurezze.

In quali casi ricorrere ad un aiuto?

Una psicoterapia può essere utile per favorire un’esplorazione e comprensione del proprio modo di funzionare, alla luce anche (ma non solo) della propria autostima.
Un percorso di questo tipo promuove inoltre una trasformazione profonda dei significati e dei vissuti personali. Questo non comporta diventare qualcuno di diverso; molto spesso non implica uscire per forza dalla propria confort-zone ed assolutamente non equivale ad iniziare ad agire in modo impulsivo ed indiscriminato sentendosi baldanzosi.
La terapia però può aiutare a prendere le proprie decisioni sentendo minori vincoli interni. L’obiettivo è riuscire a tollerare i vissuti di sconforto e dispiacere qualora, come è normale che sia, a volte si fallisca.

Per approfondire: Autostima e ambivalenzaIl legame tra autostima e depressione
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