Negli scorsi articoli abbiamo parlato delle reazioni emotive alla notizia del Coronavirus, dell’ ansia ma anche della resilienza di fronte ad un virus invisibile che mette ognuno nella condizione contagiare e contagiarsi.
Ci sono altri aspetti su cui possiamo riflettere ora, a qualche mese dai primi cambiamenti imposti della pandemia: parliamo ora di uno di questi, l’impatto del Coronavirus sulle relazioni sociali.
Bisogno di contatto
Ognuno di noi ha infatti sperimentato durante il lockdown una diminuzione dei contatti ed ha sopperito al bisogno di incontro con l’altro utilizzando modalità talvolta piuttosto creative (le videochiamate, le cene con amici a distanza, lo sport praticato con insegnanti collegati da remoto, le lezioni in classi virtuali).
Tali modalità erano poco utilizzate dalla maggior parte delle persone, per cui è stato necessario familiarizzare con nuovi strumenti ed apprendere nuovi ritmi comunicativi. Basta pensare all’impossibilità delle persone di parlare contemporaneamente durante una videochiamata, e a come questo possa riflettersi sulle nostre abitudini all’ ascolto.
Credo che sarà possibile comprendere il reale impatto emotivo di tali esperienze solo in futuro, quando potremo guardare da una certa distanza a questi mesi.
Molte sono le riflessioni che vanno a tutte le persone che hanno un estremo bisogno dell’ambiente sociale e del contatto, come i bambini e le persone con disabilità. Venendo a mancare a lungo un bisogno così grande, non stupisce siano emerse sempre più frequentemente depressioni o regressioni, come nel caso di bambini che tornino ad avere abitudini che avevano abbandonato da anni.
È importante però sapere che tali regressioni vanno accettate senza colpevolizzarle o negarle, e contestualizzate all’interno del momento possono risultare transitorie.
Ci sono poi situazioni come quelle di anziani e malati degenti in strutture: la sofferenza per il mancato/diminuito contatto con i propri affetti è stata così grande e percepita come così ingiusta da meritare ogni tentativo possibile di sopperire alle distanze. Fondamentale inoltre la condivisione del dolore emerso da parte di parenti e professionisti coinvolti.
L’impatto del Coronavirus sulle relazioni sociali si riflette inevitabilmente su eventi come la morte di una persona cara e la nascita di una nuova vita.
Questi avvenimenti hanno subito grandi trasformazioni a livello di contatto sociale, e conseguentemente nel modo in cui noi li affrontiamo; entrambi gli eventi sono stati contingentati durante il lockdown e continuano a subire restrizioni a causa dell’elevata morbilità del virus.
Nascita, tra il rischio di solitudine e la possibilità di intimità
Per quanto riguarda il parto, comprensibile è l’angoscia di una madre che si trova a partorire: da sola e nel clima di possibile contagio, con la paura di non poter ricevere aiuto da nessun familiare.
Guardiamo però anche alle possibili risorse!
Qualora il padre possa assistere, la situazione diventa occasione di intimità per i neo-genitori, che possono concentrarsi sui bisogni della mamma e del nuovo nucleo. Questo permette di evitare eccessive intromissioni da parte di zelanti amici o parenti, spesso avvertiti come intrusivi.
L’impatto del Coronavirus sulle relazioni sociali: il Lutto
Le modalità di affrontare la perdita di una persona cara sono da sempre le più svariate: dalle funzioni religiose alla condivisione con amici e familiari. Anche in questo caso abbiamo assistito ad un drastico cambiamento dovuto alle limitazioni in atto: come avviene quindi l’elaborazione del lutto?
Potersi stringere in un abbraccio, potersi scambiare uno sguardo o una carezza, sono gesti considerati fondamentali. Ci permettono di stare dentro al dolore senza che questo si tramuti in una sensazione di solitudine e
perdita incolmabile; la condivisione del dolore favorisce gradualmente di accettare dentro di sé l’accaduto, e conseguentemente superarlo.
Sicuramente anche in questo caso è giunta in soccorso la tecnologia. Essa ha permesso una qualche forma di condivisione, quanto meno delle storie e delle narrazioni legate al defunto. Successivamente, nella “fase2”, la possibilità di celebrare i riti funebri con un numero ristretto di persone ha permesso di sancire il distacco senza percepirlo più come in sospeso.
Il lockdown e la sensazione di precarietà hanno contribuito poi al tornare a galla di vecchi lutti, magari collegati a vissuti di solitudine o indicibilità. Questo ha aumentato il carico di sofferenza del periodo, ma contemporaneamente ha nuovamente dato possibilità a tali sofferenze di essere viste ed affrontate con consapevolezza.
In ultimo, ci siamo trovati a vivere certi eventi in un contesto più intimo. Il numero di persone inferiore e il periodo di quotidianità decisamente meno frenetica, ha costretto e permesso un maggior contatto con il dolore della perdita. Questo facilita, se accolto e metabolizzato, l’accettazione del limite e genera una nuova spinta alla vita ed alla creatività.
Se vuoi approfondire questo tema, ti consigliamo alcuni articoli: link1, link2