Dalla crisi di coppia alla separazione

Se la relazione è buona, c’è gioia e un senso di sicurezza, se è minacciata, c’è gelosia, angoscia e rabbia.
Se è stata interrotta, c’è dolore e angoscia.
(J. Bolwby)

Nello scorso articolo abbiamo visto cosa si intende per conflitto di coppia, osservandone sia gli aspetti positivi che quelli negativi. E’ importante affrontare i conflitti perché altrimenti si può arrivare alla crisi e successivamente alla rottura della relazione. Si parla di crisi di coppia quando i partner vivono un malessere protratto nel tempo senza riuscire a risolvere i problemi nonostante ce ne sia il tentativo o il desiderio.

Spesso la coppia si ritrova “incastrata” in dinamiche che si ripetono e che rischiano di alimentare il problema creando un clima emotivo di disagio, pesantezza e impotenza. Con la fine del legame sentimentale cessa anche quello che una relazione rappresenta a livello psicologico: è la fine di un progetto di vita comune.

All’inizio di una separazione, i primi cambiamenti coinvolgono alcuni punti di riferimento: la casa, la routine giornaliera, il rapporto con i figli (se ci sono), l’aspetto economico e la gestione del proprio tempo libero. Tali cambiamenti possono avere un effetto e una ricaduta sull’idea di sè e sull’autostima di una persona. Tutto questo riguarda e coinvolge spesso anche chi, a volte e con molte difficoltà, decide di metter fine alla relazione.                                                                                                          

Quali sono i costi psicologici di una separazione?

Il momento in cui una coppia decide di separarsi porta con sé una moltitudine di sentimenti. La perdita di un legame sentimentale può infatti provocare alti livelli di stress e disagi fisici e psichici. Il lasciarsi può provocare dolore e smarrimento poiché la persona con cui si sta, rappresenta una base sicura, offre conforto nei momenti di stress assicurando un senso di appartenenza. Alla fine del rapporto, quello che possiamo chiamare schema sé-altro viene percepito come svuotato; comportando una perdita di quello che si è affidato al partner durante la relazione.

separazione
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La perdita del legame e le conseguenze che ne derivano possono essere infatti paragonate ad un lutto: un lutto nei confronti di una relazione che non sarà mai più come prima o un lutto nei confronti dell’illusione di una relazione durevole. Il processo del lutto riguarda sia la separazione stessa che l’insieme dei progetti coniugali e familiari di ognuno.

Questo è uno dei motivi per cui non è facile separarsi anche quando la separazione mette fine ad una situazione di crisi e conflitto o è concordata.  Molti ex partner rimangono infatti a lungo in contatto con un continuo “tira e molla”. L’atto di separarsi non riguarda quindi solo essere separati dall’altro ma separarsi da qualcosa di sé che è stato consegnato al partner e alla relazione. Se questi aspetti non vengono elaborati e compresi allora il conflitto potrà prolungarsi dopo la fine della relazione.

A volte la coppia trova nella gestione dei figli o nella gestione economica, delle occasioni plausibili per rimanere a livello emotivo in contatto anche se in modo disfunzionale.

Cosa fare dal punto di vista legale: parla l’avvocato

Ciò posto, venendo alla crisi vera e propria, si parte innanzitutto da una differenziazione concettuale: separazione e divorzio. Con il contributo dell’avv. Giuseppe Lio e del dott. Alessandro Magrassi dello studio Avv. Giuseppe Lio, possiamo cercare di far chiarezza su questa distinzione dal punto di vista legale.

Con la separazione legale si assiste a un allentamento dei doveri coniugali; i coniugi sono liberi di vivere separati, non devono rispettare il dovere di fedeltà e di reciproca assistenza morale e materiale. La separazione è quindi un primo passo verso lo scioglimento del vincolo matrimoniale, che tuttavia giuridicamente ancora permane. Lo scioglimento del matrimonio si avrà solo con il divorzio con il quale vengono meno anche i reciproci diritti ereditari.

Due possibili vie

Le vie per  ottenere il provvedimento di separazione possono essere quella giudiziale o quella consensuale. Nella prima, i due coniugi avviano un procedimento giurisdizionale davanti al Tribunale. Si inizia con la fase c.d. “presidenziale”, in cui il Presidente, dopo aver sentito i coniugi, decide con provvedimenti provvisori sulle questioni più rilevanti e urgenti come ad es. le condizioni di un assegno di mantenimento, permanenza nella casa famigliare, affidamento dei figli..

Si procede poi con una vera e propria fase processuale contenziosa, in cui il giudice istruttore valuta anche tutte le altre domande proponibili; decide, ad esempio, sulla possibile richiesta di “addebito”, che presuppone la prova che la fine dell’unione coniugale è stata causata dall’altro coniuge con un comportamento che ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza. Tale attribuzione di responsabilità deve essere contenuta nella sentenza che pronuncia la separazione giudiziale ed ha conseguenze negative di ordine patrimoniale e successorio per il coniuge che la subisce.

Dalla crisi alla separazione
Fine della relazione

La separazione consensuale

Ben diverso dalla separazione giudiziale è l’istituto della separazione consensuale. Essa consiste in un accordo tra i coniugi, nel quale far confluire tutti gli aspetti che abbisognano di una regolazione; come e quando vedere i figli, quanto e chi deve versare per il mantenimento, a chi viene assegnata la casa coniugale etc..

Il procedimento di separazione consensuale non si conclude con una sentenza, ma il Tribunale si limita ad “omologare” l’accordo riportato nel ricorso introduttivo: sono quindi le stesse parti a scegliere come regolare i loro futuri rapporti. L’omologa del Tribunale conferisce quindi efficacia all’accordo raggiunto dai coniugi.

Nella separazione consensuale i coniugi possono decidere di farsi assistere dal medesimo avvocato, anche al fine di ripartire i costi della procedura. Nulla però vieta che ciascun coniuge incarichi un diverso difensore, sempre con lo specifico mandato di cercare un accordo consensuale.

Questa seconda modalità di separazione legale richiede un dispendio di energie, economiche ed emotive, molto inferiore rispetto a una lunga causa in Tribunale; d’altra parte, richiede anche un livello di conflittualità gestibile della coppia, che deve essere in grado di accordarsi su questioni di grande rilevanza. Gli effetti della separazione possono cessare con la riconciliazione dei coniugi; essa può essere espressa o tacita. La prima si formalizza in un accordo; mentre la seconda è attuata con la ripresa della vita in comune o comunque con un comportamento palesemente incompatibile con lo stato di separazione.

Cosa comporta invece il divorzio?

Il divorzio, introdotto in Italia con la legge n. 898/1970, porta a compimento quanto iniziato con la separazione (che ne è il presupposto principale). Esso comporta infatti la pronuncia dello scioglimento del vincolo matrimoniale, tanto per ciò che attiene aspetti di carattere personale, quanto sul piano patrimoniale.

Solo con la sentenza di divorzio si può convolare a nuove nozze: essa mette quindi la parola “fine” al rapporto coniugale e, a differenza della separazione, i suoi effetti non possono cessare con una riconciliazione. Come anticipato, nel caso di matrimonio religioso, verranno meno solo gli effetti civili: in altre parole, il vincolo verrà meno per lo Stato, ma non per la Chiesa. Si precisa che la scelta divorziare non è un passaggio obbligato dopo la separazione. Le parti possono quindi rimanere in regime di separazione personale anche per tutta la vita.

Dal 2015 si è ridotto il tempo che deve intercorrere tra separazione e domanda di divorzio. Non sono più necessari tre anni: bastano sei mesi, in caso di separazione consensuale, o un anno dalla prima udienza davanti al giudice, in caso di separazione giudiziale.

Schematicamente queste sono le diverse procedure attivabili per via giudiziaria. Ad esse si affianca la possibilità di ottenere la separazione o il divorzio attraverso la cosiddetta negoziazione assistita, ovvero mediante un accordo che viene concluso davanti agli avvocati (uno per parte), senza comparire davanti al Tribunale.

Le questioni da valutare sono quindi diverse e l’avvocato è chiamato ad offrire il supporto professionale “allargato”, per raggiungere il miglior risultato possibile nel caso concreto.

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